IL PRETORE Sciogliendo la riserva di cui al verbale 9 marzo 1993; O S S E R V A Il ricorrente ha chiesto la corresponsione dell'assegno di assistenza di cui alla legge n. 118/1971, revocato dal Ministero dell'interno, dalla data della revoca, compresa nei limiti della prescrizione decennale, con rivalutazione ed interessi; il Ministero dell'interno ha riconosciuto il diritto alla prestazione richiesta nei limiti della prescrizione quinquennale ed ha constatato il diritto alla rivalutazione monetaria, assumendo che la sentenza n. 156/1981 della Corte costituzionale si riferisce ai soli crediti previdenziali, non anche a quelli di natura assistenziale, come quello per cui e' causa; il pretore, con sentenza non definitiva in data 8 marzo 1993, ha condannato la p.a. a corrispondere la prestazione della data della revoca, disattendendo l'eccezione di prescrizione quinquennale, e l'ha condannata inoltre a corrispondere al ricorrente gli interessi legali dal 121 giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa, sollevando d'ufficio questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 442 del c.p.c. Quanto alla rivalutazione appare infatti fondata l'eccezione del resistente: con la sentenza n. 156/1981 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 442 del c.p.c. "nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, debba determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito, applicando l'indice dei prezzi calcolato dall'Istat per la scala mobile dal settore dell'industria e condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno in cui si siano verificate le condizioni legali di responsabilita' dell'istituto o ente debitore per il ritardo dell'adempimento". La sentenza concerne pertanto la rivalutabilita' dei crediti previdenziali, non anche di quelli assistenziali; d'altra parte, come e' noto, la portata delle pronunce di incostituzionalita' non puo' essere estesa oltre i limiti risultanti dal dispositivo delle sentenze della Corte costituzionale (Cass., sezione lavoro, 29 gennaio 1987, n. 857). La fondatezza dell'eccezione della P.A. resistente, che dovrebbe comportare il rigetto della domanda del ricorrente per quanto concerne la rivalutazione, determina all'evidenza la rilevanza ai fini del decidere della presente questione di costituzionalita'. La questione e' peraltro a parere del decidente non manifestamente infondata. Possono infatti quasi integralmente ripertersi, in ordine ai crediti assistenziali, le considerazioni che la Corte ha svolto nella citata sentenza n. 158/1991 relativamente ai crediti previdenziali: mentre le prestazioni previdenziali hanno la funzione di surrogare o integrare un reddito da lavoro cessato o ridotto a causa di uno degli eventi previsti dall'art. 33, secondo comma, della Costituzione, quelle assistenziali sono destinate a surrogare un reddito da lavoro che l'inabile, per le sue condizioni di salute, fin dall'origine non e' stato in grado di conseguire; anche il credito assistenziale quindi, per tale motivo oltre che evidentemente per la sua natura alimentare, e' funzionalmente assimilabile al credito di lavoro. Poiche', come ha affermato la Corte, nella citata sentenza e in quella n. 1045/1988, il profilo funzionale prevale su quello strutturale, la diversita' di disciplina tra i crediti assistenziali da un lato, e quelli di lavoro e previdenziali dall'altro, la evidente diversita' di natura e di presupposti tra le diverse categorie di crediti in esame non impedisce la lesione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, nonche' la violazione dell'art. 38, primo comma, per il tramite del quale, a parere dello scrivente, si rende applicabile anche alle prestazioni assistenziali (come ha ritenuto la Corte per quelle previdenziali) l'art. 36, quale parametro delle esigenze di vita del lavoratore, e di chi ha lavorato e non puo' piu' farlo per infortunio ecc., o in- fine di chi non ha mai potuto lavorare per inabilita', tutelata dal citato art. 35, primo comma. E' appena il caso di osservare che le considerazioni che precedono non perdono il loro valore a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 18, terzo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, atteso che, secondo la giurisprudenza dalla stessa corte costituzionale e della Corte di cassazione (Corte costituzionale n. 394/1992; Cass. nn. 7721, 3284 e 8818/1992) la norma anzidetta si applica solo nei casi in cui la fattispecie costitutiva della responsabilita' del debitore per ritardato pagamento si e' perfezionata dopo l'entrata in vigore della norma medesima. Poiche' cio' non si e' verificato nel caso di specie, e non e' quindi applicabile la norma che esclude il cumulo di rivalutazione ad interessi, immutando la natura stessa del credito previdenziale (e, di riflesso, di quello assistenziale) permane la rilevanza della presente eccezione di illegittimita' costituzionale.